Focus in materia di “assistenza familiare”: l’Articolo 570 bis Codice Penale – Violazione agli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o scioglimento degli effetti civili del matrimonio
Art.570 bis codice penale
“Le pene previste dall’articolo 570 si applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli (1)”
1) Il presente articolo è stato inserito dall’art. 2 del D. Lgs. 01/03/2018, n. 21 concernente “Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell’articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103”, con decorrenza dal 06/04/2018
Art. 570 codice penale
Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori, o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da centotre euro a milletrentadue euro.
Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:
Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un’altra disposizione di legge.
Anteprima generale sull’art. 570 bis c.p.
La responsabilità che accompagna la vita matrimoniale non può cessare di esistere nel momento in cui venga a mancare il legame affettivo. Due coniugi possono permettersi di separarsi, divorziare, scegliere strade differenti, non avere più alcun legame sentimentale ma non posso prescindere dall’obbligo di assistenza familiare, né verso i confronti del coniuge più debole, né verso i figli.
Lo spirito che ha mosso il legislatore ad introdurre dettagli e specificazioni maggiori in questo campo di natura penale, è proprio la volontà di affermare l’assistenza come asse trasversale sia dopo la fase di separazione che di divorzio o nullità del vincolo matrimoniale. Chi nega all’ex-coniuge ed ai figli i mezzi di sussistenza e di mantenimento sarà punito con la reclusion fino ad un anno oppure la multa da centotre euro a milletrentadue euro.
L’articolo 570 bis entrato in vigore il 6 Aprile 2018 afferma, punendo chi non versa il mantenimento ai figli e/o al coniuge più debole (ove previsto), ciò che ricorda anche il codice civile sul piano di assistenza e mantenimento in caso di separazione o scioglimento degli effetti civili.
Approfondimenti ed incertezze sull’art.570 bis c.p.
L’articolo 570 bis del codice penale introduce una forma più rigida sulle modalità punitive perché estende la colpevolezza non solo a chi fa mancare i mezzi di sussistenza ma anche a chi non versa il mantenimento, tutelando discendenti ed ex-coniugi. Relativamente a questi ultimi, l’articolo 570 bis c.p. introduce una novità, estendendo lo stato di tutela anche ai coniugi separati (l’art. 570 del codice penale considerava solo i coniugi non separati come vittime del reato)!
Un’altra nota importantissima relativa all’art. 570 bis c.p. riguarda la validità della sanzione penale senza che venga accertato lo stato di bisogno del destinatario del mantenimento. Quest’ultima considerazione ha una doppia sfumatura: se effettivamente il destinatario non verrà configurato come coniuge più debole in sede di definizione di una separazione giudiziale, colui che deve versare il mantenimento rischia una sanzione penale se non provvede al pagamento del mantenimento provvisorio.
La seconda sfumatura riguarda le spese straordinarie: se l’obbligato al mantenimento non provvede al loro versamento (ed invece è puntuale con le spese ordinarie) incorre sempre nella sanzione dell’art. 570 bis poiché vi è un riferimento generico alla violazione di “obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli”.
Chiaramente qualche perplessità può insorgere ed in tal caso cura ed attenzione sono fondamentali a risolvere ed interpretare ogni singolo caso senza ledere l’interesse ed il benessere dei figli e dei coniugi. Sarà utile la giurisprudenza e le sentenze che stanno venendo alla luce dall’entrata in vigore della norma.
La norma potrebbe essere messa a dura prova dall’interpretazione e dall’incompletezza soprattutto per quanto riguarda le unioni civili, le spese straordinarie e la differenza che sembra esserci tra mantenimento nella fase di separazione e quello previsto dopo il divorzio con e senza figli maggiorenni e/o minorenni. L’auspicio che il legislatore faccia chiarezza è ambito da tutti.
Il codice civile “rimedia” i danni…
Nel frattempo è bene ricordare che il codice civile offre strumenti e rimedi nel caso l’obbligato non versi quanto dovuto. Facciamo richiamo all’art 156 c.c.
Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri; l’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato. Resta fermo l’obbligo di prestare gli alimenti di cui agli articoli 433 e seguenti.
Il giudice che pronunzia la separazione può imporre al coniuge di prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all’adempimento degli obblighi previsti dai precedenti commi e dall’articolo 155.
La sentenza costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale ai sensi dell’articolo 2818.
In caso di inadempienza, su richiesta dell’avente diritto, il giudice può disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di danaro all’obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto.
Qualora sopravvengano giustificati motivi il giudice, su istanza di parte, può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti di cui ai commi precedenti.
I rimedi sono quindi il pagamento diretto (il giudice stabilisce che il datore di lavoro o l’INPS diano una quota diretta al coniuge più debole dalla somma mensile percepita dall’obbligato) oppure il sequestro dei beni.