Quando si parla di violazione degli obblighi familiari del genitore che non versa l’intero assegno di mantenimento dovuto ai figli? Si può sempre parlare di responsabilità penale ai sensi dell’ art. 570 comma 2 n. 2 c.p.? Oppure è necessario un accertamento condotto senza presunzioni?
La giurisprudenza si è divisa sulla questione relativa alla configurabilità del reato ex art. 570 co. 2 n. 2 c.p. nell’ipotesi di autoriduzione del mantenimento, limitata nel tempo.
Le due opposte opinioni sono date dalla doverosità o meno di accertamento dello stato di bisogno. A fronte di un orientamento che elabora una presunzione assoluta di esistenza dello stato di bisogno in caso di figli minori e di ininfluenza dei versamenti da parte di altri familiari, se ne sviluppa un altro. Secondo quest’ultimo, è necessario condurre una valutazione critica di tutti gli aspetti del caso concreto. La presunzione dello stato di bisogno diventa relativa. Il padre, ad esempio, che riduce per un periodo l’assegno di mantenimento a favore dei figli a causa di problemi contingenti, non è detto che venga ritenuto responsabile ex articolo 570 comma 2 n.2 c.p.
La presunzione di esistenza dello stato di disagio dei figli minori e la non influenza di versamenti effettuati da altri familiari (es. la madre), non sono circostanze da sole SUFFICIENTI per la configurabilità del reato.
Va tuttavia precisato che: in tema di affido condiviso, nel caso di mancato versamento delle somme stabilite dal giudice a titolo di mantenimento, ricorre l’ipotesi di reato di cui all’ art.3 della L. 54/2006. La suddetta disposizione rinvia all’articolo 12 sexies della legge 898/70, che equipara il reato di semplice mancato versamento a quello dell’articolo 570 c.p. in punto di pena.
Nell’ipotesi di corresponsione parziale dell’assegno di mantenimento, il giudice penale deve accertare se tale comportamento abbia inciso apprezzabilmente sulle condizioni dei figli. Si dovrà tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto.