La Voluntary Disclosure è la collaborazione volontaria da parte dei contribuenti, per dichiarare i capitali tenuti all’estero o comunque le forme di reddito non regolarizzate di fronte all’amministrazione finanziaria. La prima edizione è stata presentata con la legge n. 186 del 2014. Oggi, in un clima pieno di insicurezza e di decisioni non ancora definitive, ecco che la nuova edizione della Voluntary Disclosure, la “2.0”, è inserita nella Legge di Stabilità 2017. Le possibilità di rientro di capitali offerte ai contribuenti nel corso del tempo sono state molte: questa è veramente l’ultima? È una strategia corretta? Complesso fornire una risposta solo dal punto di vista economico. Certamente è necessario puntare su un dialogo Fisco e contribuente che permetta un risultato oggettivo ed importante per il benessere del cittadino e dello Stato.
La Voluntary Disclosure 2.0 ha introdotto, ampliando, i beni che devono essere regolarizzati. C’è la volontà di “scoprire” non solo i capitali esteri bancari ma soprattutto, quei beni e quei valori nascosti anche in ambito domestico. Si parla di gioielli, opere d’arte, sculture, oro, tutto ciò che è contenuto nelle cassette di sicurezza. Questa misura vuole “infiltrarsi” nei sottili meccanismi di risparmio impiegati dai contribuenti.
Le domande per regolarizzare le violazioni commesse entro il 30 Settembre 2016 possono essere inviate all’Agenzia delle Entrate entro il 31 Luglio 2017. Fino al 30 Settembre 2017 è però possibile produrre documenti, integrazioni ed informazioni ulteriori. Si può versare il pagamento dovuto al rientro del capitale in un’unica soluzione o in tre rate. Il versamento, se non quello unico, almeno quanto è indicato nella prima rata, deve essere effettuato entro il 30 Settembre 2017.
Le modalità saranno dichiarate con un provvedimento emanato dall’Agenzia delle Entrate dopo 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del d.l. 193 del 2016. Nel frattempo chi intende aderire alla nuova procedura di collaborazione volontaria, può utilizzare il modello precedente (Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 13193 del 30 gennaio 2015) e trasmetterlo in via esclusivamente telematica.
La questione più gravosa che il contribuente deve affrontare è la compilazione autonoma del modello con i relativi calcoli per definire il debito fiscale. La strada più ovvia che i cittadini prenderanno è quella di farsi affiancare da professionisti. Qui c’è un altro svantaggio: compilando a favore del contribuente il modello, se il calcolo risulta in difetto per più del 30%, l’Agenzia delle Entrate applicherà l’incremento del 10% sul valore.
Possibili previsioni e bilanci futuri, al momento, è pressoché impossibile delinearli. L’intenzione è di portare allo Stato un rientro di capitale importante. La questione e la domanda da porsi riguarda l’utilità e l’efficacia dell’intervento. Sarà abbastanza? Si potrà vedere una compliance tra Fisco e contribuente? Ma soprattutto, l’economia che il Fisco non vede, diminuirà?