Le “scappatelle” devono essere dimostrate quale causa della crisi coniugale

L’Ordinanza della Cassazione n. 16691/2020 stabilisce che in mancanza di nesso eziologico tra infedeltà e crisi coniugale, questa non può essere invocata come causa di addebito di separazione.

Tollerare i tradimenti significa rinunciare all’assegno di divorzio.

 

Dopo trent’anni di matrimonio tra un bancario e la sua segretaria la sentenza di divorzio stabilisce un assegno mensile di 700 euro a favore dell’ex moglie, ma lei non contenta arriva fino al terzo grado di giudizio domandando anche la metà della casa coniugale e 250mila euro di buonuscita a causa di ripetuti tradimenti reiteratesi per circa 15 anni di convivenza matrimoniale.

Dopo ben dieci anni di battaglie legali, la Cassazione pone la parola fine alla questione con l’Ordinanza della Prima Sezione Civile n.16691 del 05 agosto 2020.

Gli Ermellini hanno specificato che «laddove la ragione dell’addebito sia costituita dall’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale, questo comportamento, se provato, fa presumere che abbia reso la convivenza intollerabile», ma il nesso eziologico tra infedeltà e crisi coniugale non è stato dimostrato per mancanza di prove concrete, per «l’assenza di riferimenti temporali certi» ma anche perché «a voler ritenere provate le suddette relazioni, vista la loro risalenza, verrebbe a mancare il nesso causale con il termine della relazione».

Per questi motivi l’ex moglie ricorrente non solo ha assistito al rigetto del ricorso in Cassazione con addebito delle spese legali ma si è anche vista togliere l’assegno di 700 euro mensili in quanto già percettrice di un reddito personale.

Sulla vicenda si è espressa anche l’avvocato di Silvio Berlusconi nella separazione con Veronica Lario, il Corriere della Sera riporta la precisazione dell’Avv. Valeria De Vellis per cui «se la moglie tollera per anni i ripetuti tradimenti del marito senza separarsi, in questo caso non può più dimostrare che il matrimonio è finito a causa dell’infedeltà, quindi sarà difficile far accogliere la domanda di addebito».

Di parere contrario Vittorio Sgarbi che in una intervista su quotidiano.net si è espresso dicendo che «se questa donna ha sopportato così tanto tempo le corna del marito vuol dire che sperava in un ravvedimento e quindi doveva essere doppiamente risarcita la sua buona volontà […]».

La vicenda vissuta a Pesaro è di insegnamento per cui quando si chiude un occhio sulle “scappatelle” lo si chiude per sempre e non lo si può riaprire quando non conviene più, oppure è meglio non chiuderlo e documentarsi con prove valide.

assegno divorzileCassazioneconiugidivorzioinfedeltàspese legalitradimento