Fin dove si spinge la competenza per il Tribunale dei Minorenni?
L’esigenza di concentrazione delle tutele è la ratio ispiratrice della sentenza di Cassazione n. 18093/2016. E’ un tema la cui importanza riveste un ruolo pregnante nel settore del diritto di famiglia. La Suprema Corte si pronuncia sugli ambiti di competenza del Tribunale Ordinario e del Tribunale per i Minorenni in tema di provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale.
Il caso
La madre di una bimba di dieci anni presentava davanti alla Corte d’Appello di Catanzaro reclamo per incompetenza avverso il provvedimento adottato dal Tribunale per i Minorenni, su istanza del PM. Il provvedimento conteneva una serie di misure prescrittive concernenti l’affidamento del minore.
A fronte del procedimento presso il Tribunale per i Minorenni, era in corso un giudizio concernente le condizioni di affido e mantenimento della figlia minore ex art. 316 c.c. dinanzi al Tribunale di Crotone. In base all’art. 38 disp. att. c.c., per i motivi di seguito esposti, la competenza sarebbe del Tribunale Ordinario.
Analisi art. 38 disp. att. c.c.
L’art. 38 disp. att. c.c. riserva la competenza per i provvedimenti di cui all’art. 333 c.c. (“Condotta del genitore pregiudizievole ai figli”) al Tribunale per i Minorenni. Fa, tuttavia, salvi i casi in cui penda contemporaneamente davanti al Tribunale ordinario un giudizio di separazione, di divorzio o un giudizio ex art. 316 c.c. (“Esercizio della potestà dei genitori”).
Eppure la Corte d’Appello di Catanzaro rigettava il reclamo della madre! L’ostacolo all’applicazione del riparto di competenze come sopra descritto, veniva individuato nella mancanza di identità soggettiva tra i due procedimenti. Quello davanti al Tribunale per i Minorenni veniva proposto dal PM, mentre il giudizio davanti al Tribunale ordinario aveva come parti i genitori.
Posizione della Corte di Cassazione
La Cassazione, di contro, accoglie il ricorso presentato dalla madre e afferma la competenza del Giudice Ordinario a decidere della questione. La Suprema Corte sostiene che non assume rilevanza preclusiva all’operare della vis actractiva del giudice non specializzato il fatto che il procedimento minorile sia promosso ad impulso del PM. Per “stesse parti” devono intendersi i genitori. Pertanto è sufficiente la previsione dell’intervento obbligatorio del pubblico ministero in sede di giurisdizione ordinaria.
Conclusione
Quindi la piena e ossequiosa applicabilità dell’art. 38 disp. att. c.c., ossia la competenza del Tribunale ordinario per questioni ex art. 333 nei casi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell’art. 316 c.c., resta ferma, anche nelle ipotesi in cui il procedimento presso il Tribunale per i minorenni sia stato promosso dal PM.
La norma mira ad attuare l’esigenza di concentrazione delle tutele. Questo aspetto evita che, per un’identica situazione conflittuale, possano essere aditi due organi giudiziari diversi. Così viene superata e risolta la situazione imbarazzante dell’assunzione di decisioni fra loro incompatibili e, tuttavia, contemporaneamente efficaci e attuabili.