Abbandono tetto coniugale: Si ha quando uno dei due coniugi lascia volontariamente la casa familiare. Facendo ciò si viene meno all’obbligo della coabitazione e a quello della reciproca assistenza morale e materiale, sanciti dall’art.143 c.c. che elenca i diritti e i doveri reciproci dei coniugi: è possibile correre rischi civili e penali.
Quali sono le conseguenze dell’abbandono del tetto coniugale? E’ un reato? Quando è giustificato?
Abbandono tetto coniugale: Rischi civili e penali
L’abbandono del tetto coniugale rappresenta sia un illecito civile sia un illecito penale.
Possibili conseguenze civili
In base al diritto civile l’abbandono della dimora coniugale senza “giusta causa” comporta la violazione dell’ ex art. 143 c.c. Detto articolo elenca i doveri reciproci dei coniugi come la fedeltà, la collaborazione e, appunto, la coabitazione. In questo caso, il coniuge che lascia la casa familiare, corre il rischio che la separazione gli venga addebitata.
L’addebito della separazione ha due conseguenze per la parte ritenuta responsabile dei comportamenti che hanno portato alla fine del matrimonio, la quale:
- non avrà più la facoltà di chiedere l’assegno di mantenimento se economicamente più debole. Potrà, se ricorrono le condizioni richieste, avere esclusivamente il diritto agli alimenti;
- non avrà più il diritto di successione nel caso in cui l’altro coniuge muoia prima del divorzio.
Possibili conseguenze penali
Dal punto di vista penale, l’abbandono del tetto coniugale si traduce nel reato di cui l’art.570 c.p.c., che prevede la reclusione fino ad un anno o la multa da 103,00 a 1032,00 euro per chiunque venga meno agli obblighi di assistenza legati alla responsabilità genitoriale o alla qualità di coniuge.
La Suprema Corte ha affermato che l’allontanamento deve però, risultare “ingiustificato e connotato da un effettivo disvalore etico e sociale” per poter parlare di reato (Cass., 2 aprile 2012,Sez. IV penale, n.12310).
Abbandono tetto coniugale: Quando è legittimo?
La legge stabilisce che l’allontanamento sia possibile nei casi in cui:
- vi sia una giusta causa, ossia si siano verificati avvenimenti che non permettono più la convivenza (ad esempio infedeltà ,violenze o mancanza di vita sessuale);
- non vi sia più legame tra i coniugi da tempo (nel senso che il rapporto di coppia è giunto al termine precedentemente all’abbandono della dimora familiare, che non rappresenta, quindi, il motivo della separazione);
- sia già stata depositata in tribunale una domanda di separazione o di annullamento del matrimonio.
Bisogna sottolineare che dovrà essere il coniuge autore dell’abbandono a provare la sussistenza di una o più di queste ipotesi. Il coniuge rimasto, invece, può chiedere al giudice che accerti che l’altro ha abbandonato il domicilio coniugale senza un valido motivo.
Cosa fare se si sta affrontando una crisi matrimoniale e non si vuole incorrere nei rischi civili e penali legati all’abbandono del tetto coniugale?
Nel caso in cui una coppia si trovi a vivere un “periodo di crisi” senza aver ancora capito quale saranno le sorti del matrimonio e senza aver già iniziato le pratiche per la separazione, si consiglia, prima dell’abbandono della dimora familiare di uno dei coniugi, di stipulare un documento che testimoni la volontà di entrambi di sospendere la convivenza. Questo documento servirà ad evitare che una delle due parti, nel caso si arrivi alla separazione, possa chiede l’addebito.